LETTERA APERTA AL NEO MINISTRO PUBBLICA ISTRUZIONE Valeria Fedeli

 

Car* neo ministr* Valeria Fedeli,

le scrivo da docente, da mamma e da persona impegnata a vario titolo nella difesa della Libertà di educazione.

Non mi intratterrò su valutazioni di merito riguardo al possesso dei suoi titoli di studio, tema ampiamente dibattuto dalla sua nomina ad oggi e sul quale non si e’ ancora espressa, ma una parola sul metodo la trovo necessaria.
E’ mancata l’assoluta trasparenza nei confronti del popolo Italiano dal momento che la carica come Ministro e’ chiamata a rappresentarlo.

In un paese dove si lavora per evitare l’abbandono scolastico con numeri che si aggirano intorno al 12,7 % di giovani che (tra i 18 e i 24 anni ) lasciano prematuramente la scuola, non le fa pensare che il suo esempio possa contribuire a non incentivare i dubbiosi nel proseguire gli studi?

Perché vede e’ difficile spiegare il perche’ impegnarsi tanto, in anni e anni di ricerca, formazione accademica, master, etc..se poi e’ possibile per chiunque sedere su poltrone come la sua. Lei e’ un ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Mi permetto di scriverle con l’uso dell’asterisco nonostante l’approccio abbia del surreale per la grammatica italiana e non solo…. ma lo uso per mostrarle quanto risulti inquietante l’idea di non definire la sua identità ne’ al femminile ne’ al maschile, per non lasciare spazio ad interpretazioni che potrebbero limitare la sua autodeterminazione futura rispetto alle infinite identità possibili.

Questa modalità viene utilizzata negli ambienti come quelli nei quali lei ha maturato il disegno di Legge del novembre 2014 che porta appunto il suo nome e che propone proprio quell’indifferentismo sessuale dietro la solita e nota, quanto mai nobile, quando davvero finalizzata alla causa, lotta alle discriminazioni.

C’e’ al contempo anche una gran confusione tra le sostenitrici del linguaggio di genere, e pensi cosa può generare nei bambini la confusione, che vige in primis tra gli adulti.

Sul tema, il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, ha recentemente reagito sull’uso del termine ministra declinato al femminile perché legato alla trasformazione di dignitosi vocaboli della lingua italiana negli orribili appellativi come sindaca oppure appunto ministra…e riscuotendo fragorosi applausi tra i presenti convocati per una premiazione. La presidente della Camera Laura Boldrini invece, nel nome del miglior politicamente corretto, ha pensato bene, anzi male perche’ e’ stata fortemente criticata anche dalle donne segretario parlamentari , di imporre la declinazione di genere alle mansioni, senza previa consultazione.
Le e’ stato addirittura chiesto una sorta di referendum interno.

Vede ministr* se non riuscite ad accordarvi neanche nelle stanze di palazzo, risulta difficile pensare che possiate convincere gli Italiani su cosa sia effettivamente necessario, riguardo all’educazione di genere soprattutto nella scuola. Il vostro parlare criptato con cui il gender entra nelle istituzioni scolastiche, non rassicura affatto quel milione di genitori, famiglie, docenti, nonni, educatori che hanno riempito i due oceanici Family day, rifiutando una certa neo lingua, con cui si esprime anche la riforma della Buona Scuola. Gli scambi epistolari tra lei e il quotidiano Avvenire non devono spiegare nulla di quanto già sappiamo, di quanto studiamo e valutiamo da oltre tre anni in Italia. E’ comprensibile che il Ministero dopo i due Family Day e la pressione sul tema gender, abbia dovuto elaborare surrogati a questo termine per tentare di fugare ogni dubbio in coloro che purtroppo, di dubbi al riguardo non ne hanno affatto, oppure cercare di convincere coloro che non hanno ancora messo a fuoco il problema.

Vede ministr* le discriminazione di genere nel nostro paese rispetto per esempio ai paesi nordici, che tanto rappresentano il mito della libertà sessuale, del ” tutti più moderni piu’ uguali e felici”, di fatto ha prodotto numeri maggiori di casi di femminicidio rispetto a quelli del nostro paese. In quei luoghi la società che sta educando all’emancipazione assoluta basata su autonomia, uguaglianza e autodeterminazione, ha condotto giovani e adulti ad una profonda solitudine dove il non senso si e’ impadronito di coloro che liberandosi da relazioni vitali, oggi muoiono soli, le donne producono figli con kit corredati che acquistano online e giungono a casa, per diventare madri di figli senza padre, narcotizzando così le relazioni fondanti la società umana, in una spirale che spesso ha condotto e conduce ancora al suicidio. Ci sarebbe da chiedersi se esempi fallimentari come quelli che provengono dai paesi che dovrebbero insegnarci qualcosa, non siano da rimuovere per interrogarci su altro…L’educazione di genere proposta dal solito slogan …”ce lo chiede l’Europa”, ha indotto anche il nostro governo alla premura di promuovere che bambini e bambine diventino liberamente bambin* e bambin* senza identificarsi in nessun genere preciso. Questa e’ la famosa ottica di genere, non rientrare in nessuna categoria precostituita, per poter appartenere ad una dimensione neutra con la quale ridefinirsi liberamente, il tutto spesso senza previo consenso dei genitori nella scuola e con progetti educativi che scambiando ruoli nelle fiabe e nelle relazioni affettive tra uomini e donne, confondono i bambini. Questo lei lo spiega ad Avvenire chiamando l’educazione di genere con il termine uguaglianza.

E’ bene ricordare che la scuola ha sempre predisposto spazi di dialogo e accoglienza, tra bambini, e l’uguaglianza nasce proprio dal sano confronto tra le differenze che caratterizzano maschi e femmine, esaltandole come quelle preziose caratteristiche biologiche che automaticamente li rendono diversi e per questo attraenti. L’uguaglianza non e’ il tutto uguale a tutto. Perché così non e’. Le disuguaglianze tra donne e uomini non si combattono rendendo uguale cio’ che per natura e’ differente. Non operiamo sui bambini sperimentazioni filosofiche…anche il Papa ha definito il gender come “uno sbaglio della mente umana ” e che “con i bambini non si può sperimentare” aggiungendo che “non sono cavie da laboratorio.

” Lei afferma nella sua lettera al quotidiano Avvenire che non c’e’ niente di naturale nel fatto che le ragazze siano descritte come inadatte agli studi scientifici e su questo viene da chiedersi per esempio in quale studio e pubblica analisi emerga che le famiglie e la scuola dicano cose simili alle ragazze…

Il fatto che ve ne siano poche in confronto ai maschi sara’ anche frutto del rispetto che le due agenzie educative hanno per le loro scelte, operate in autonomia e seguendo le proprie inclinazioni. Ritenerle preda di pregiudizi e’ discriminatorio rispetto la loro piena libertà di scelta Quindi discriminiamo le scelte di genere o le rispettiamo? Riconosciamo o no quanto sia emancipata la donna oggi, oppure vogliamo ancora parlare di liberazione della donna dal grembiule, scopa, pentole e pulizie? Credo che tutto, intorno ai nostri alunni, parli di mamme impegnate sul lavoro spesso in egual misura dei papà, di donne in carriera, di donne straordinarie capaci di genio culturale, tecnico, scientifico, artistico…magari parlarne di più nei libri di testo e’ certamente un aspetto su cui operare, ma non meno importante e’ il sano dibattito pubblico su quanto questo abbia condotto contemporaneamente ad un indebolimento del tessuto familiare . L’assenza di politiche di sostegno alla donna madre e lavoratrice, sono in parte responsabili del duplice peso da portare nella famiglia, senza agevolazioni atte a coniugare dignitosamente entrambi i ruoli.

Vede ministr* Educare alla parità di genere maschile e femminile, non significa parlare di scelta di genere a bambini piccoli, oppure coinvolgere un’intera nazione a portare avanti linee educative per non discriminare quei pochi, con possibili dubbi identitari, perche’ questo e’ discriminatorio per tutti coloro che di dubbi non ne hanno affatto, e la scuola ha il dovere di evitare qualunque forma di discriminazione.

Sulla possibile confusione generata nei bambini da progetti educativi sui quali si sono espressi pedagogisti, psicologi, educatori, abbiamo depositato un dossier al Ministero con tutte le testimonianze raccolte da genitori e docenti coraggiosi che hanno riportato quanto accaduto in moltissime scuole d’Italia. Si può educare al rispetto e alla sana convivenza tra le persone, anche e soprattutto mediante la costruzione di un clima positivo di cui la scuola Italiana si fa garante da sempre, parlando di convivenza civile, di Intercultura, attuando percorsi che predispongano alle famiglie spazi di dialogo e di formazione. L’educazione di genere invece trattando temi etici e sensibili, risulta spesso divisiva e quindi deve essere sottoposta al consenso dei genitori, rispettando il loro primato educativo, riconosciuto dalla nostra Costituzione e dalla dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Vede ministr*, questa educazione che molti iniziano palesemente a chiamare maleducazione, e’ madre di tutte le ambiguità in ordine al sesso, che in natura coincide con gli unici due generi esistenti: il maschile e il femminile.
Nella grammatica italiana, come si insegna da sempre, gli articoli determinativi sono chiari ed inequivocabili in ordine al genere. Noi non abbiamo e non vogliamo pronomi neutri come nel nord Europa, perche’ rifiutiamo tali storture di sostanza, oltre che grammaticali. Vede il gender e’ questo.

Acquisti una copia del National Geographic di gennaio per esempio, troverà in copertina, la parola GENDER a caratteri cubitali campeggiare sopra la foto di un bambino transgender. Noi continueremo ad affermare che gli unici due generi esistenti in natura sono quelli che coincidono con il sesso maschile e femminile e che essere uguali non significa interscambiabili, perché questo non si può insegnare nella scuola. Perché’ sulla parità dei sessi in ordine a diritti, opportunità e dignità siamo tutti assolutamente d’accordo, ma non parliamo di disuguaglianze che nascono dalle differenze biologiche, come da lei affermato su Avvenire, perché’ le differenze non devono alimentare sfide tra i due sessi, ma tornare a farli diventare alleati per meglio arricchirsi.
La Buona Scuola che attraverso l’educazione di genere, in tanti progetti guarda a de costruire ruoli come quelli del padre e della madre, già identificati con genitore 1 e genitore 2, non trova approvazione tra le famiglie italiane. Mamma e papa’ non sono categorie che fluttuano tra lo stereotipo e il pregiudizio ma rappresentano i cardini attorno cui ruotano quelle relazioni che generano il substrato profondo della nostra la società attraverso la famiglia che genera i figli. Se questa e’ la parità dei sessi voluta dal comma 16 allora c’e’ da chiedersi chi davvero la condivide con questa accezione. Le famiglie che non concordano su questo approccio di genere vanno rispettate e non discriminate con appellativi che escludono il dialogo tra il popolo e le istituzioni.

Vede ministr* ,

se la società perdesse la propria identità sarebbe come certificare la perdita delle proprie origini. Considerare la madre un concetto antropologico come qualcuno ha provato a definirla, significherà avallare l’idea che se ne potrà fare tranquillamente a meno, renderà lecito quanto abbiamo stabilito sia fuorilegge nel nostro paese : l’aberrante pratica dell’utero in affitto. Poi per il famoso sistema con cui adulti confusi approvano una legge che vieta l’utero in affitto, poi per dare esempio di tale applicazione, alcuni parlamentari lo praticano all’estero e rientrano in Italia come se nulla fosse accaduto. Ecco, noi da una femminista convinta come lei ci aspettiamo che nella scuola, per difendere la dignità delle donne contro la violenza di genere, si pensi per esempio a condannare fermamente questa orrenda mercificazione. Si svolgano seminari al riguardo e se ne parli con progetti che possano mirare a mettere in luce tale aberrazione. E’ necessario parlare di tutela di quella dignità violata, denunciare con coraggio e apertamente quanto già le vere femministe fecero fatto un anno fa proprio nel Dicembre del 2015, con l’appello promosso da “Se non ora quando” sottoscrivendo un manifesto contro questa orribile pratica. In Italia la Muraro, in Francia l’Agasinsky si schierarono contro la maternità surrogata perché anteponeva i diritti dei bambini al proprio presunto diritto al bambino”. In quel contesto la regista Cristina Comencini ebbe anche a dire : “Una madre non è un forno. Abbiamo sempre detto che il rapporto tra il bambino e la mamma è una relazione che si crea. Concepire che il diritto di avere un figlio possa portarti all’uso del corpo di donne che spesso non hanno i mezzi, che per questo vendono i loro bambini, riconduce la donna e la maternità a un rapporto , non profondo”.

L’uso di linguaggi criptati di cui la nostra società, già sufficientemente confusa, non sa cosa farsene, rifiuterà impostazioni ideologiche di sistema, e sarà pronta a non soccombere. E’ necessario dunque che su tutte le proposte legate a temi sensibili che toccano i valori, filosofici, etici, religiosi delle famiglie sia formalmente riconosciuto, l’uso del Consenso Informato Preventivo, rilasciato esonero da percorsi educativi non condivisi con annessa attività alternativa per garantire il diritto allo studio di fanciulli e ragazzi. Allora il problema vero su cui il popolo del Family Day sta aspettando risposta dal Miur e’ che dinanzi alla profonda ambiguità con cui sarà permeata la prossima attuazione del comma 16, la scuola dovrà garantire su questi temi, la piena libertà di educazione dei genitori. In base alla stessa libertà di educazione, come insegnante non porterò avanti nessun itinerario educativo che possa violare lo spazio intimo ed etico su cui e’ la famiglia che ha il dovere prioritario di educare. L’art. 1 del D.Lgs. 297/1994 afferma che ” ai docenti è garantita la libertà di insegnamento come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. L’esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni” .Io come docente garantirò questo diritto perché vivo in un paese democratico e libero. Tenterò in punta di piedi di restare sulla soglia dell’universo sottile, arcano e profondo, della sfera affettiva e sessuale dei bambini, per conservare l’unico mistero possibile legato al miracolo della vita e per aprire davanti ai loro occhi il sipario del rispetto per le sue origini, per l’educazione con cui la sua famiglia lo avrà cresciuto, per tutelare gli equilibri delicati che lo accompagneranno nel percorso di continua costruzione del suo essere persona.

Roma, 22 dicembre 2016

  

icona pdf Lettera al neo Ministro MIUR Fedeli versione stampabile                                           

                                                                                         

                                                                                           Giusy D’Amico

                                                                                     MADRE, SPOSA, DOCENTE.

                                         Presidente dell’Associazione Non Si Tocca La Famiglia tra i promotori dei due Family Day.

                                                    Responsabile della Commissione Scuola del Comitato Difendiamo I nostri Figli.

 

 

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