a Rapallo (GE) si parla di parità di genere a bambini della scuola dell'infanzia e primaria

In una scuola cattolica di Rapallo in provincia di Genova, scuola san Girolamo, è stato trattato con i bambini della scuola infanzia e primaria, il tema della parità di genere

articolo a cura di don Luca Livolsi

E’ notizia dei giorni scorsi che in una scuola cattolica di Rapallo in provincia di Genova, scuola san Girolamo, su iniziativa del Soroptimist club sulla parità, sia stato trattato con i bambini della scuola infanzia e primaria, il tema della parità di genere.

Si è trattato di una attività esperienziale, la scritta che ha accompagnato l’iniziativa è stata: “La gonna è per tutti”.

A fine attività i bambini interrogati hanno detto che ci sono colori e giochi che vanno bene per un genere e non per l’altro.
I tutor hanno chiesto però ai bambini di approfondire la loro risposta.
Cioè è stato chiesto il motivo per il quale il rosa va bene per una femmina e no per un maschio ed i piccoli non hanno risposto, o meglio sostanzialmente hanno detto di non averne idea.

Una sovrastruttura della società frutto di idee stereotipate nei secoli? La stessa distinzione fra i modelli proposti ai bambini dalla società a cosa fa riferimento? Possiamo vedere un cow-boy con i tacchi a spillo e la cosa dovrebbe fare problema!

Alice Garbarino, psicologa nell’intervista al Secolo XIX afferma che, facendo riferimento a questioni come l’etnia, l’età, l’aspetto fisico, troviamo molti stereotipi. La psicologa afferma che già nel bambino troviamo competenze e atteggiamenti connessi ai ruoli sociali, stereotipi che semplificano l’approccio ad una realtà che è complessa. Occorre destrutturare questi stilemi attraverso facendo sperimentare modelli diversi, soprattutto ai bambini, durante la loro infanzia

Lo scopo della formazione proposta è stato quello di affermare una parità di genere, che se non raggiunta, crea asimmetrie nella società, disuguaglianze di trattamento e sperequazioni sociali, ad esempio differenti retribuzioni tra un genere ed un altro.

Vorrei soffermarmi su alcune delle questioni che ho illustrato nelle righe precedenti. In particolare vorrei partire sottolineando il linguaggio utilizzato. Si parla di stereotipi che vengono inculcati ai bambini si dai primi anni di vita. Secondo la Treccani lo stereotipo è “Opinione precostituita su persone o gruppi, che prescinde dalla valutazione del singolo caso ed è frutto di un antecedente processo d’ipergeneralizzazione e ipersemplificazione, ovvero risultato di una falsa operazione deduttiva.Il fatto che ci siano dei comportamenti maschili ed altri femminili sarebbe cioè frutto di un’opinione semplificata e di una falsa operazione deduttiva.

A questa sola idea di stereotipo, che può esistere in società, occorre invece affiancare il concetto di archetipo. Gli archetipi esprimono infatti elementi dell’inconscio collettivo, potenzialità della psiche comuni a tutta l’umanità che possono trovare variamente espressione negli atteggiamenti e nella personalità individuale. Deriva dalla parola greca “archè”, origine, principio, e “typos”, modello, marchio, esemplare utilizzata in filosofia per definire il principio primo, universale, originario ed eterno di tutte le cose. L’IMPRONTA strutturata di tutto ciò che ESISTE. Ne sono esempi: l’archetipo della Grande Madre, l’archetipo del Guerriero, del Saggio, dell’Angelo Custode, del Mago, del Senex, del Puer, del Sovrano ecc..

Che l’uomo e la donna vogliano differenziarsi è un archetipo scritto nella nostra natura umana ed ha la base proprio la realizzazione della vera identità. Il fatto è che intanto non bisogna avere paura di dire che uomo e donna siamo differenti, termine che ha in radice la parola greca “φέρω” che si significa portare, condurre. Il maschio e la femmina hanno una ricchezza da offrire al rispettivo genere.

La pari dignità la sacra scrittura la afferma mostrando la nascita della donna dal costato, cioè dalla vita. La donna è vita della stessa vita dell’uomo. La donna è tratta non dalla testa, perché la donna non è superiore all’uomo; la donna non è tratta dalla caviglia perche non è inferiore all’uomo.

In nome della pari dignità, il modello proposto dal progetto presentato alla scuola san Girolamo, annulla la differenza che è invece radice della accoglienza. Nell’affermare che la ricchezza della realtà è semplificata da stereotipi, si presenta un modello che ulteriormente semplifica il reale perché elimina la differenza omologando i comportamenti. Per negare gli stereotipi, da greco Stereos duro, rigido e da typos impressione, si afferma un modello, dal latino modŭlu(m) ‘modulo’.

Una rigidità con un’altra rigidità.

La soluzione invece è nel sottolineare come alla base dell’idea di archetipo ci sia l’idea di una realtà che precede il pensiero e che devo osservare. L’archetipo non semplifica la realtà ma invita a scrutarla allo scopo di individuare ciò che permane. L’archetipo favorisce il dialogo, la curiosità ma al tempo stesso afferma l’identità.

Anche il concetto di semplicità, deve essere inteso in un’accezione positiva. Il fatto che l’essere umano abbia la capacità di semplificare la realtà grazie a degli archetipi mostra come il semplice è sinonimo di chiaro, limpido, essenziale, comprensibile.

I modelli come quelli presentati ai bambini della scuola d Rapallo non semplificano ma hanno un effetto riduzionista proprio perché elimina degli elementi per interpretare il reale. I modelli precostituiti, riducendo la realtà la rendono più complessa ed indecifrabile, vengono meno quegli elementi comuni che ci permettono di orientarci.

Ritengo in conclusione che in realtà il laboratorio presentato ai bambini di Rapallo sia frutto di un idea precostituita di realtà, un modello, come afferma la psicologa, che “può attuarsi decostruendo però non degli stereotipi ma delle istanze innate nell’uomo”.

Di fatto questo approccio, come abbiamo visto, è più rigido di come si presenta e comprime la vera parità che deriva dall’accoglienza della differenza, riconoscibile solo da chi ha una identità serena di se stesso. Al tempo stesso rende indecifrabile la realtà, riducendo il tutto ad un modello.


don Luca Livolsi

Roma 30 giugno 2024

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