COMUNICATO STAMPA
La recente dichiarazione della Consulta che ritiene inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate sulla normativa che non riconosce, un provvedimento straniero che stabilisce la genitorialità di due uomini o due donne che sono ricorsi all’estero alla maternità surrogata o alla fecondazione eterologa, ci offre la misura di uno dei nodi fondanti il discusso DDL ZAN. La barbara pratica dell’utero in affitto è intrinsecamente collegata a questo disegno di legge.
I molti rinvii ci dicono che il tema è estremamente divisivo e non raggiunge i veri drammi quotidiani che vivono i comuni cittadini nel tempo storico di una pandemia virale come quella che stiamo vivendo.
Il vero approccio democratico a questo percorso politico dai toni apertamente unilaterali, sarebbe quello rivedere una volta per tutte in sede di dibattito parlamentare, la possibilità di ampliare la discussione a tutte le discriminazioni.
Finora intanto non di poco conto è l’aspro dibattito con le femministe sul termine identità di genere.
La Cei si è già espressa in modo puntuale “… non vi è alcun vuoto normativo” .
Le moltissime associazioni di genitori, avvocati, famiglie, studiosi, educatori hanno espresso parere contrario dimostrando in punta di diritto l’incostituzionalità del testo oltre che la natura liberticida e potenzialmente orientata a rimodulare i fondamenti consolidati della nostra società e persino ridefinire la natura umana, questo ovviamente non può essere condiviso visto che nelle scuole auspichiamo venga insegnato molto altro ai nostri figli.
La Corte Costituzionale ha respinto l’ennesimo tentativo di legittimare le pratiche di maternità surrogata.
La stessa politica ha invocato in modo trasversale di attendere ogni passo in avanti, date le vere priorità del paese in ordine alle emergenze reali, dovute alla pandemia.
Forse il vero approccio che metterebbe in accordo tutti (questo dovrebbe fare la politica) sarebbe quello di includere tutte le discriminazioni nel testo, proprio per non escludere nessuno, dal dibattito delle dovute tutele per ogni persona.
È impensabile e altamente discriminatorio pensare a questo provvedimento legislativo solo per una singola élite di cittadini.
Tutti gli altri, sono evidentemente esclusi.
Tutte le categorie discriminate di poveri, di ragazzini obesi, con gli occhiali, con i capelli rossi, le giovani ragazze anoressiche, i bambini e ragazzi stranieri, chi professa religioni diverse, chi è al margine sociale per condizioni economiche e culturali, le donne in gravidanza discriminate sul lavoro, le femministe e le donne in generale che dovranno sentirsi chiamate ” gente che mestrua” o “persone con cervice” perché nominarsi donne è trans-escludente, tutte queste categorie e molte altre verranno escluse.
Altro nodo che rimane pericoloso è proprio il reato di opinione.
Se pensare e avere delle idee sarà sanzionabile, allora è da ritenersi morta la democrazia. A tale proposito conclude Giusy D’amico, è auspicabile un rinvio al post pandemia dove andrà ripensata la tutela ad ogni forma di discriminazione, tenendo conto di una società ferita, depressa, impoverita e disarmata, dalla terribile emergenza che ha messo in ginocchio il nostro paese.
Dignità e uguaglianza sono diritti dovuti a tutti, nessuno escluso.
Roma 10 aprile 2021