Il progetto cineforum di Non Si Tocca la Famiglia in collaborazione con il regista Pupi Avati e dal titolo “Amare le differenze per un amore che fa la differenza” sbarca nelle scuole di Sondrio all’I.I.S. “Pinchetti” .
Un progetto gratuito e appassionante portato avanti dalla prof.ssa Lorena Pini referente dell’Associazione Non Si Tocca La Famiglia e che in questo articolo degno di nota illustra …” la narrazione della bellezza”…il vissuto di un itinerario che scopre e rivalorizza la ricchezza dell’istituto matrimoniale, insieme alle ragazze dell’Istituto Pinchetti.
Un ringraziamento sentito alla Dirigente Scolastica Prof.ssa Rossana Russo e alla docente di scienze umane per la sensibilità al tema e la carica educativa esercitata negli spazi di ascolto aperti dopo la visione di ogni puntata, nel dibattito in classe , nella visita di una famiglia speciale che ha offerto spunti di significativa riflessione sul tema dell’amore che oggi e ieri si coniuga sempre in modi singolari a partire dal vissuto di ognuno e dalle spinte valoriali che ogni epoca porta con sé.
Roma, 06 febbraio 2019
L’Ass.ne Non si Tocca la Famiglia
LA SEGRETERIA
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TESTIMONIANZA delle ragazze della Quarta C L.S.U. 2017/18 dell’I.I.S. “Pinchetti”, di Sondrio
NARRARE IL CORAGGIO DELLA BELLEZZA. Riflessioni a margine del Progetto “Amare le differenze. Per un amore che fa la differenza”.
«Amare non è guardarsi a vicenda,
ma guardare insieme nella stessa direzione».
(Antoine de Saint-Exupéry).
Nel corso dell’anno scolastico 2017/18 la classe Quarta C della sezione Liceo Scienze Umane dell’Istituto d’Istruzione “Balilla Pinchetti” di Tirano (Sondrio) ha partecipato al Progetto “Amare le differenze. Per un amore che fa la differenza”, attività coordinata dall’insegnante di Scienze Umane Lorena Pini, d’intesa con la Dirigente Scolastica prof.ssa Rossana Russo e in collaborazione con l’Associazione “Non si tocca la famiglia”, presieduta da Giusy D’Amico.
Come previsto dalle linee guida del progetto, la classe ha assistito alla proiezione, lungo l’anno scolastico, del film a puntate di Pupi Avati “Un matrimonio”, quindi ha incontrato una famiglia “speciale”- numerosa e con situazioni particolari, come la diversabilità, al proprio interno – che ha portato in classe la propria esperienza, e ha riflettuto, con la guida dell’insegnante, su quanto visto e ascoltato.
Dal confronto, sono emerse molte osservazioni, sia relativamente alla pellicola, sia rispetto alla testimonianza in presenza.
Partiamo da quest’ultima occasione, datata 17 aprile 2018, per richiamare e condividere i punti salienti del dibattito. Le ragazze (la classe è tutta al femminile) riscontrano una significativa differenza tra le famiglie del passato e quelle del presente, rispetto al fatto che le prime risultavano più forti e unite. L’interpretazione di alcuni valori, in particolare, rimarca tale differenza. Tali valori sono: amore, ricchezza (non certo materiale, ma morale), unione (soprattutto volontà di restare uniti anche di fronte alle difficoltà), sicurezza (la famiglia come fonte e garanzia di sicurezza), capacità di collaborazione e di sostegno reciproco.
Alle studentesse appare interessante anche riflettere sulla rappresentazione del proprio ruolo e dunque di se stessi all’interno del nucleo familiare, così come sul legame importante che si instaura (o meglio, per come stanno le cose demograficamente oggi, “si instaurava”) tra fratelli.
Altri valori che, in parte almeno, sono andati perduti sono: il coraggio (inteso come il saper accogliere con dignità tutto ciò che la vita ci presenta), la volontà e l’impegno nell’affrontare i problemi e gli ostacoli insieme, l’empatia tra i diversi membri della famiglia, la funzione di guida e di supporto delle figure genitoriali e adulte in genere, la cura dell’educazione (proprio anche nel senso del galateo, “questo sconosciuto”, si potrebbe chiosare), il fatto che la famiglia fornisca modelli per il futuro delle giovani generazioni e, infine, ultimo ma non meno importante, lo spirito di condivisione.
Per qualcuna, tuttavia, non è tanto da sottolineare la differenza tra passato e presente, perché molto dipende anche dalla persona stessa e dai valori in cui crede, il che fa sperare in una riedizione al presente degli scenari che, purtroppo, suscitano diffusamente nostalgia.
Si riflette a lungo anche sulla disabilità, sulla accettazione della disabilità dei propri familiari e in particolare sulla mancata accettazione sociale, che può talora indurre alla scelta drammatica dell’aborto.
In riferimento a questo delicato passaggio, il dibattito lascia spazio anche al confronto – significativo, ma pur sempre rispettoso – tra posizioni diverse.
Si considerano, infine, la semplicità del vivere maggiormente presente nel passato e le occasioni di crescita personale che la famiglia offriva più copiose rispetto a oggi.
Durante il cine-dibattito del 28 maggio 2018, si registra innanzitutto un generale apprezzamento per il film, giudicato molto godibile, e si raccolgono le seguenti osservazioni, in ordine rigorosamente sparso.
Qualche perplessità viene subito dichiarata rispetto al rientro a casa dopo il tradimento, da parte del personaggio di Carlo, e sulla “rapida” e istintiva accoglienza da parte di Francesca.
Si sottolinea, parimenti, il bisogno di Carlo di staccare e di tornare nel proprio ambiente sociale, esigenza compresa e accettata dalla moglie, moglie che all’inizio pensava che il suo amore potesse coprire tutto, mentre alla fine sente la necessità di un riscontro da parte del marito. Ecco, allora, che quando i due coniugi si lasciano e successivamente Carlo ritorna, lei lo riaccoglie perché apprezza il gesto stesso di ritornare.
Del resto, la testimonianza dell’importanza e del significato profondo del rimanere – nel bene e nel male – è presente anche nella vicenda matrimoniale dei genitori di Francesca (è molto bella, a questo riguardo, la scena nella quale la madre di Francesca legge al marito “I promessi sposi”, prima che lui muoia).
Francesca, quando suo padre muore, non vuole l’appoggio di Carlo, poiché protegge se stessa, innanzitutto, e i propri valori legati alla famiglia e percepisce lui, che non è più quello di un tempo, come inautentico.
Fino a quel momento, Francesca ha sempre messo gli altri davanti a se stessa, mentre ora fa qualcosa di suo, lo fa per se stessa. Per esempio, Francesca non vuole mai far pesare ai figli le difficoltà, la crisi con Carlo, ma il figlio maggiore ha le antenne, è molto sensibile, si accorge di quello che sta accadendo e chiama il padre.
La coppia Carlo e Francesca ripete spesso che ci vuole coraggio per fare cose belle, ed è quello che accade quando i due adottano la figlia Anna Paola.
Una studentessa afferma che questa frase le mette «una certa ansia» perché fa pensare, insieme, sia al futuro sia al passato, cioè a ciò che rimane ancora da fare e, al contempo, a ciò che ormai non si può più fare.
Visto con lo sguardo dello spettatore, il tradimento di Carlo appare inaccettabile, ma il vero amore può superarlo e persino fare maturare. Del resto, è pur sempre vero che è difficile giudicare certe situazioni senza averle vissute.
Si riflette poi sui personaggi del fratello di Francesca e sulle sorelle di Carlo.
Il primo appare ingenuo, perché si fa ingannare dall’attrice, ma si pensa anche che la sua ingenuità sia riconducibile all’innamoramento.
Alla fine, lui va in Brasile per fare anch’egli qualcosa di pazzo, ma di bello. E il tema della bellezza appare, una volta di più, come un fil rouge che attraversa la narrazione.
Francesca incarna la figura della madre che si sacrifica per la famiglia (ed è così normalmente, mediamente, anche oggi, secondo le ragazze).
La sorella cattiva di Carlo è molto legata alla sua classe sociale di appartenenza e lungo la vicenda non evolve molto. L’altra, invece, esprime valori diversi, soprattutto é connotata dalla tenerezza nei confronti dei bambini e accompagnata dal rammarico per non averne avuti.
È bella, infine, la vicenda di Anna Paola, che rinasce grazie all’adozione, anche perché la famiglia che la accoglie non le fa mai pesare l’handicap.
I fratelli e i genitori sono molto vicini e quindi si presentano e vivono come una vera famiglia.
Appare inoltre evidente, un po’ in tutta la vicenda narrata dal film, l’importanza del cibo, del cucinare secondo la tradizione (es. il ragù), del ritrovarsi tutti insieme intorno alla tavola. Questo oggi si è perso, in particolare in alcuni contesti geografici, come gli U.S.A., ma anche in altri Paesi. Le ragazze lo sottolineano anche perché lo hanno sperimentato personalmente a Dublino, durante lo stage linguistico di quest’anno.
È bello il momento nel quale Carlo rincontra i figli per cena e dice loro che ha l’amante e il figlio maggiore reagisce attaccandolo, perché sente che tocca a lui difendere la famiglia.
Questo è dunque un film corale e – a giudizio della classe – rispecchia molto bene la vita reale.
Per questo, anche i ruoli apparentemente secondari, come le amiche di Francesca, esprimono dei personaggi interessanti, che ci testimoniano qualcosa di forte, ad esempio quella che vuole abortire cambia idea perché ha il sostegno di Francesca.
Non è mai troppo sottolineata la positività della famiglia di Francesca, fondata dall’amore e sul risparmio. Analogamente, anche i genitori di Carlo si amano e soprattutto la madre risulta essere una figura positiva. Tra i due giovani sposi, invece, Francesca appare subito più concreta, infatti nel primo periodo del matrimonio lavora lei per mantenere lui.
Lascia un poco perplessi, in generale, il fatto che Francesca pianga, ma non si sfoghi; non è facile capire se si tratti di pudore, oppure della volontà di essere una donna forte, capace di mettere sempre davanti la propria famiglia e di non pesare su di essa con le proprie difficoltà.
A conclusione del dibattito, le ragazze ribadiscono che di fronte a un film come questo, che offre una molteplicità di spunti, ciascuno rimane colpito da aspetti diversi, sicuramente anche in base al proprio personale vissuto.
Le ragazze della Quarta C L.S.U. 2017/18 dell’I.I.S. “Pinchetti”,
con la supervisione della prof.ssa Lorena Pini,
referente del progetto Non Si Tocca La Famiglia Sondrio