ARTICOLO
Una comunicazione mediatica sui social può diventare un mezzo efficace per riaffermare l’importanza delle emergenze educative e socio-culturali contro derive ideologiche
I grandi cambiamenti non possono essere il risultato di una moltitudine di menti addormentate, ma prendono inizio piuttosto dalla comunione dei cuori illuminati (Papa Francesco)
Si è concluso recentemente, nel corso dello scorso fine settimana (18-19 gennaio 2025), il Congresso nazionale per la celebrazione dei dieci anni dalla nascita dell’associazione “Non si tocca la famiglia”, due giornate intense di immersione nel cuore della vocazione della nostra comunità, vale a dire, la sensibilizzazione dei più alle emergenze educative e sociali che riguardano il nostro tempo, con uno sguardo attento e particolare alla famiglia, ai figli e alla loro formazione socio-culturale.
Come membro attivo di NSTLF a partire dal 2019, mi sento di ringraziare il presidente Giusy D’Amico e il vicepresidente Nicola Di Matteo, così come tutti i membri del direttivo, per l’opportunità e lo spazio che l’associazione ha deciso di dare a noi giovani in quanto testimoni diretti delle sfide culturali che l’Europa e la società occidentale, in particolare, vivono al giorno d’oggi: relativismo dilagante, svuotamento di senso, esibizione di modelli pseudo-familiari alternativi alla culla naturale della coppia uomo-donna, sessualizzazione dei rapporti affettivi, desostanzializzazione dell’umano attraverso la proposta di una fluidità di genere… Una catastrofe di fronte alla quale bisogna assolutamente reagire e imboccarsi le maniche al fine non solo di auspicare ma anche di essere quel cambiamento che il senso comune ci chiede di portare.
Come responsabile della comunicazione dell’associazione nel mondo digitale, mi rendo conto dell’urgenza che intima non solo agli adulti, ma anche e soprattutto a tutti noi giovani che navighiamo immersi nella rete, di prendere coscienza dei meccanismi di fascinazione delle ideologie odierne che, sulla base di potenti discorsi emotivi e inconsci, mettono in atto un meccanismo di empatizzazione alquanto pericoloso e dannoso perché perverte il senso profondo della realtà in cui viviamo.
Ritengo allora che la comunicazione sia uno degli strumenti essenziali di sensibilizzazione e “risveglio delle coscienze” per una generazione che, al contrario di quello che i più vogliono far credere, non è assolutamente condannata alla perdizione e alla stigmatizzazione di “degenerata”… le generalizzazioni indebite che fanno di tutta l’erba un fascio sono proprie, infatti, di una logica e di una certa antropologica pessimistica che considera l’uomo sempre come potenzialmente in grado di fare il male o di essere – peggio ancora – “fatto” male strutturalmente.
Il rischio delle narrative unilaterali è un totalitarismo mediatico di matrice ideologica che non ammette eccezioni: il compito di noi giovani, oggi, è quello di ricordare alla società che l’opinione non ha lo stesso statuto epistemologico del vero e non può essere equiparata alla sua oggettività. In quanto uomini, siamo chiamati certamente a rispettare l’altro, ma non a condividere tutto. In quanto cittadini e membri attivi di una società operante, la missione che ciascuno, proporzionalmente alle proprie capacità, è chiamato a svolgere, è quella di essere testimoni di verità in un mondo in cui questa è perennemente negata o pervertita.
Tutto questo ci porta a concludere che vi è un’etica intrinseca nella comunicazione che affonda le sue radici nella realtà delle cose: l’uomo e la donna sono parimenti degni, ma diversi in specie e funzioni, i figli non si vendono e non si comprano come merci di scambio, i desideri non si traducono necessariamente in diritti, e l’educazione deve partire, in primis, dalla famiglia che è la cellula fondamentale di ogni sana società.
Comunicare significa ritornare alla dimensione realistica del vero per non dimenticarlo. La testimonianza non è solo una necessità, ma una vocazione umana all’autenticità e all’aspirazione a una convivenza comune basata su principi non ideali, ma esemplari di come il mondo è fatto in sé. L’etica della comunicazione è quella di sentirsi sempre responsabili, in prima persona, del contenuto dei messaggi che si veicolano: comunicare è, in fondo, un servizio alla comunità particolare in cui si è inseriti, vale a dire, la disponibilità a prestare la propria voce per restituirla a tutte quelle istanze ormai dimenticate che dovrebbero essere il pernio della nostra società e di ogni comunità umana.
Famiglia, emergenza educativa, guerra alle ideologie, al politicamente corretto, alla cultura woke: l’auspicio è che sempre più giovani si sentano incoraggiati a indossare la corazza della verità che li proteggerà nelle battaglie a venire… il 2025, anno giubilare della speranza, è l’anno per eccellenza in cui scegliere di uscire dal timore per farsi coraggio e, appunto, sperare che sempre più persone ritornino a comprendere l’importanza di essere primariamente uomini, poi figli, poi genitori, poi cittadini e araldi di una missione epocale di buon senso.
Per concludere, cito un passo del Santo Padre, papa Francesco, destinato ai giornalisti partecipanti al giubileo della comunicazione (Aula Paolo VI, 25 gennaio 2025): «Abbiamo bisogno di un’alfabetizzazione mediatica, per educarci ed educare al pensiero critico, alla pazienza del discernimento necessario alla conoscenza; e per promuovere la crescita personale e la partecipazione attiva di ognuno al futuro delle proprie comunità […]. I grandi cambiamenti non possono essere il risultato di una moltitudine di menti addormentate, ma prendono inizio piuttosto dalla comunione dei cuori illuminati.»
Non solo coraggio, ma anche luce, freschezza, originalità, talento, spirito di condivisione, autenticità, sviluppo che si radica nelle tradizioni… i giovani sono lo scrigno che contiene, insieme a tutte queste perle, anche una grandissima capacità di essere flessibilmente e contemporaneamente seri e “spontanei”, che non vuol dire “superficiali”.
Roma, 27 gennaio 2025
Coordinatore per la comunicazione social di NSTLF
Tommaso Di Pietro