Intelligenza Artificiale
Intelligenza Artificiale E Transumanesimo Rappresentano La Vera Emergenza attuale, Come Prova La Corsa Sfrenata Verso Una Soluzione Internazionale Di Tipo Etico: L’incontro A Padova Con La Dott.Ssa Giulia Bovassi.
di Lucia Comelli
Sabato 13 gennaio si è svolto nella Fondazione San Pio X di Padova un incontro molto interessante sul tema:
Intelligenza artificiale e Transumanesimo
con la dottoressa Giulia Bovassi, docente di bioetica e amica dell’associazione Non si tocca la Famiglia, che ha organizzato l’evento. Presenti oltre a Giusy D’Amico, presidente dell’associazione, i referenti per il Veneto – Patrizia Boscaro, Mara e Danilo Bassan – e i rappresentanti di altre organizzazioni, come l’on. Domenico Menorello per la rete Sui Tetti.
L’articolo sottostante rappresenta una sintesi dell’intervento, che la relatrice dr.ssa Giulia Bovassi aveva anticipato a Radio Mater il 29 dicembre scorso, e contemporaneamente un invito a visionare l’evento di sabato13 gennaio (sotto il relativo link).
“Ti ringrazio delle tue parole di presentazione: mi danno un ottimo assist per parlare dell’ambivalenza che riguarda sia l’intelligenza artificiale [IA] che l’altro tema – molto importante e di grande interesse sociale ad essa correlato – del transumanesimo. La paternità della bioetica viene sovente attribuita al famoso oncologo V.R. Potter, che la definì un ponte verso il futuro, destinato ad unire le scienze biologiche e della salute con quelle umane. I Gender Studies che tu hai citato pongono delle domande fondamentali circa l’identità umana nel suo rapporto con la corporeità: essi hanno preparato il terreno e conducono direttamente agli argomenti di interesse bioetico più recenti, per certi versi anche distopici, come quelli del trans e del post umanesimo. Allora ci domandiamo: è un’emergenza quella di queste due tematiche? Se lo è, per quali motivi? Bisogna capire di cosa stiamo parlando, come avrò modo di spiegare nell’evento che qui anticipo, del 13 gennaio a Padova. La corporeità occupa una posizione assolutamente centrale nel transumanesimo: un movimento scientifico e filosofico di respiro internazionale, che ha come obiettivo principale la reingegnerizzazione, cioè una totale ricostruzione della specie umana – portata avanti mediante l’uso delle nuove tecnologie – per debellare progressivamente in essa tutti gli aspetti di fragilità, come la malattia, l’anzianità, la sofferenza, la morte e lo stesso senso del limite. Entrato nel gergo comune, il transumanesimo [T.] ha quindi un carattere prevalentemente scientifico e nello stesso tempo mostra una fiducia totale e quindi un atteggiamento quasi religioso verso le nuove tecnologie (si parla di tecnofideismo), tanto da prospettare una futura condizione per cui l’uomo verrà potenziato attraverso la tecnica, migliorandone i tratti che lo rendono vulnerabile (qui il T. evidenzia la sua valenza antropologica/filosofica). Per coloro che simpatizzano con il T. questo perfezionamento della specie non è solo una possibilità tra le altre, ma un vero e proprio dovere morale, che ciascuno di noi e la società nel suo complesso dovrebbero porsi come obiettivo! A questo fenomeno si associa anche il tanto discusso e per certi aspetti già molto attuale post umanesimo, che rappresenta l’ultimo traguardo della società transumana! Questo movimento culturale – che ha una valenza più marcatamente e filosofica del T. – ci parla dell’uomo nuovo: dotato di una costituzione liquida, egli rinuncia all’identità presente a favore di una natura che, sorta dall’ibridazione uomo – macchina – algoritmo, prospetta nel futuro il raggiungimento di una sorta di immortalità ‘digitale’. Questo progetto, che accomuna il post umanesimo al T., e che sembra distopico/fantascientifico, oggi sta invece dirottando su di sé ingenti investimenti a livello globale. Una piccola anticipazione dell’evento padovano riguarda proprio uno di questi progetti, forse il più rilevante: Immortalità 2045, che prevede il graduale raggiungimento, in tale data, dell’immortalità. Esso ha riunito, in un consesso internazionale, insigni esponenti delle varie confessioni religiose per discutere i fondamenti filosofici dell’immortalità cibernetica, ottenuta tramite il trasferimento della personalità in una sorta di avatar esterno, digitale o robotico. Quindi in questa concezione dell’uomo, il corpo viene svuotato di senso e convertito in semplice materiale potenziabile, per superarne le limitazioni biologiche. Si fa ovviamente riferimento a modelli etici di stampo materialista e utilitarista, per cui l’essere umano è un oggetto e diviene tale in modo crescente: un insieme di informazioni, di tasselli organici da aggiustare, migliorare, cambiare o sacrificare … Tutto questo dovrebbe suonare il familiare a chi come me, come voi, si spende a difesa della vita, in una società come quella odierna in cui questa visione dell’umano è già pienamente radicata! Tra gli strumenti di cui si serve questo progetto rientrano anche le tecnologie di intelligenza artificiale: però sarebbe molto fuorviante ed erroneo da un punto di vista bioetico ridurre il vasto campo delle applicazioni dell’IA al solo movimento transumanista citato. Perché l’intelligenza artificiale, oltre a essere profondamente radicata nel nostro quotidiano, detiene un enorme potenziale di sviluppo anche in senso positivo. Questi fenomeni hanno rilanciato il ruolo dell’etica a livello globale: infatti in diverse parti del mondo si sta discutendo su come generare una struttura, uno ‘scheletro etico’ che possa essere di riferimento in tali questioni, con un approccio incentrato sul valore della persona e sui suoi diritti fondamentali, quindi sulle ricadute di tipo sociale economico, giuridico, culturale e sanitario che sono connesse alle applicazioni di queste tecnologie. A tal proposito, si sono distinti due nuovi filoni di ricerca bioetica legati proprio allo studio delle tecnologie di IA e dei relativi effetti: l’algoretica, quindi l’etica legata all’uso dell’algoritmo, e la roboetica, legata all’applicazione robotica. Per capire il rilievo che l’etica ha assunto a livello internazionale grazie allo sviluppo e alle potenzialità dell’IA, basta pensare alla recentissima approvazione [lo scorso dicembre] del Regolamento dell’Unione Europea sull’intelligenza artificiale. Ancor più significativo il Report Governance internazionale dell’IA per l’Umanità – pubblicato, poche settimane fa, dal team di esperti, tra cui l’italiano prof. Paolo Benanti, nominati per supportare in questo campo l’ONU – che contiene le prime raccomandazioni in merito [in vista di un’elaborazione completa per il prossimo Summit del 2024 ].
Allora parlare di algoretica, quindi di etica legata a questa tecnologia, significa affrontare l’esigenza di sistemi informatici in grado di tutelare l’uomo nei suoi diritti fondamentali: in questi documenti si parla di privacy; della capacità di mantenere il controllo umano sulle macchine, anche in ordine alle fonti di informazione; di pericolo per la tenuta democratica delle Nazioni; dell’impatto sulla costruzione della personalità e dei rischi legati al condizionamento algoritmico (soprattutto nel campo delle scelte morali); della selezione sociale e del diritto a non essere discriminati; delle ricadute dei sistemi di sorveglianza. Si parla insomma del rischio che gli esseri umani vengano ridotti/usati semplicemente come un insieme di utenti governati da sistemi di calcolo. Ho accennato ad alcuni problemi, ma sono moltissime le questioni che pongono la necessità di limitare la crescente autonomia delle macchine, giunta ad un punto in cui – proprio in questi tavoli internazionali – si è discusso se ci sono i presupposti per estendere il concetto di persona, filosoficamente e giuridicamente parlando, a soggetti (già il termine usato è problematico) gestiti dall’intelligenza artificiale. Quindi c’è la tendenza proprio per questo lavoro molto complesso e molto dibattuto a scindere tra loro l’etica dell’IA e l’etica dell’IA legata alla sicurezza: la prima è pragmatica e tende ad occuparsi di tutto il ciclo di progettazione, sviluppo e commercializzazione dello strumento dotato di intelligenza artificiale, mentre la seconda si rifà alla cosiddetta IA generale o forte , cioè quella che di solito viene più chiacchierata anche a livello mediatico, che è auspicata dai promotori della cosiddetta singolarità . Cioè quel movimento che prevede, lavora e spera che l’intelligenza artificiale forte in questo senso arrivi a superare l’intelligenza umana: il rischio ovviamente legato a questo tipo di obiettivo, anche scientifico, è proprio quello della sostituzione della specie umana con una specie tecno-antropomorfa.
Anche da questi cenni capiamo la complessità della tematica e l’impossibilità di fare delle generalizzazioni sia in positivo che in negativo sull’IA. Rispondendo al quesito di partenza: cioè è un rischio? Dobbiamo occuparcene per salvaguardare il nostro futuro? Diciamo che questi temi rappresentano l’emergenza attuale, come prova questa stessa corsa sfrenata verso una soluzione internazionale di tipo etico, che però non so quanto oggi possa essere preventivata. Concludo dicendo che non si tratta né di essere tecnofobici o tecno pessimisti, né tantomeno cadere nell’eccesso opposto di un tecno ottimismo esasperato, ma si tratta di capire che oggi parlare di queste proposte come fantascientifiche, o discutere di intelligenza artificiale solo in termini economico – giuridici è una totale assurdità, perché nega la prospettiva etica di cui invece la politica, chiamata ad entrare nel merito dei problemi, ha bisogno per agire in vista del bene comune”.
Padova, 13 gennaio 2024
Ufficio Stampa