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EDUCAZIONE SESSUALE A SCUOLA: E’GIUSTO PROPORLA A BAMBINI DI 9 ANNI?
INTERVISTA ALLA DOTTORESSA MARIOLINA MIGLIARESE ESPERTA DI NEUROPSICHIATRIA INFANTILE
Non Si Tocca La Famiglia 3 giugno 2022
FAMIGLIA SCUOLA EDUCAZIONE
di Giusy D’Amico
Dottoressa Mariolina Migliarese, grazie innanzitutto per aver accolto la proposta
di un’intervista su un tema molto dibattuto in questi giorni.
La coinvolgo per avere un suo autorevole parere come neuropsichiatra infantile,
riguardo alla proposta di educazione sessuale rivolta a classi di scuola primaria,
precisamente a bambini di 9/ 10 anni, che hanno visto proporsi tematiche come
l’aborto, l’omosessualità, il coito, il piacere sessuale, nelle scuole di Casaloldo e
Ceresara in provincia di Mantova.
Diversi genitori hanno segnalato le criticità di un’offerta formativa di questa portata
per una fascia di bambini, che si è ritenuto fossero troppo piccoli per poter acquisire
informazioni simili.
Inoltre come specificava la circolare della scuola, non sarebbero state presentate
valutazioni etiche, ma semplicemente tematiche affrontate dal punto di vista
scientifico.
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E’ stato anche protagonista il sondaggio che La Tecnica della Scuola ha lanciato sul proprio
portale. Un tema spesso dibattuto e che sta vedendo posizioni differenti nel mondo della
scuola. Il risultato ottenuto è che 7 genitori su 10 risultano contrari.
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Ora la domanda ad un esperto autorevole come lei è quella di comprendere e
analizzare non solo l’opportunità o meno di tale proposta ma anche il tipo di
offerta che non entra e non voleva entrare nel merito di posizioni etiche, rispetto
alle quali forse un bambino di quell’età proprio dall’adulto vorrebbe sapere se
determinate azioni, sono buone o meno.
RISPOSTA
Desidero partire da una premessa: non esistono argomenti di cui non si possa
parlare con i bambini di tutte le età. Anche temi “difficili” come la morte o la
sessualità possono essere affrontati serenamente, soprattutto quando sia il bambino
stesso a porre interrogativi all’adulto. E’ però indispensabile capire quale sia la
modalità di scambio più adeguata nelle diverse fasi dello sviluppo, perché il
bambino non è un “adulto semplificato” con il quale è sufficiente usare un
linguaggio più semplice, ma una piccola persona in formazione, che si differenzia
in modo qualitativo dall’adulto in diverse aree del suo funzionamento.
Ma più ancora, è essenziale comprendere di che cosa ha davvero bisogno e che cosa
si aspetta dagli adulti il bambino nelle diverse età quando fa loro domande su temi
così importanti, che di per sé stessi sottendono un sistema di valori: valori
legittimamente differenti, che orientano in modo diverso la vita degli adulti.
I bisogni e le attese dei bambini sono molto diversi nelle diverse età. Nella
primissima infanzia, quando un bambino fa domande sul sesso le sue domande sono
di solito molto precise e specifiche, e richiedono risposte a loro volta semplici e
specifiche. Qualche volta ad esempio vuole solo capire cosa significa una parola di
cui non conosce il significato, ed è del tutto improprio allargare il discorso per
fornire informazioni che il bambino non richiede. Il bambino vuole capire se può
fare domande, se l’adulto sfugge alle domande oppure le ascolta e risponde; ma
non desidera questo da un adulto qualsiasi: chiedere cose importanti e ottenere
una risposta è ciò che il bambino cerca nel rapporto con le persone che ama e di
cui si fida.
Nell’età dai sei ai dieci anni, ciò che invece i bambini cercano quando fanno
domande “difficili” è soprattutto capire qual è l’orientamento degli adulti che ama
riguardo alle questioni che si pone: non cerca una spiegazione “neutra” o
“scientifica”, ma una spiegazione che contenga in sé anche la risposta adulta ai
suoi “perché”. Vuole sentirsi sicuro che l’adulto abbia delle risposte, e che gli
indichi una direzione.
Non si tratta, nemmeno qui, di fare al bambino lunghi o difficili discorsi, ma di fargli
sentire cosa per noi è importante: se pensiamo, ad esempio, che la morte non
chiude alla speranza; che nella malattia non si è soli; che la sessualità è una cosa
bella, che può esprimere un amore speciale che anche loro potranno conoscere.
Gli aspetti anatomo-biologici della sessualità non richiedono spiegazioni complesse, e
la spiegazione dell’apparato riproduttore fa parte ormai della normale didattica. A
questa età il bambino va difeso piuttosto con decisione dall’invadenza di
informazioni sessuali non richieste, e soprattutto dall’invadenza sempre più
preoccupante degli aspetti pornografici del sesso, che lo confondono e lo inquietano
profondamente.
Con la preadolescenza, la curiosità nei confronti del sesso si fa invece più attiva e
specifica perché inizia a diventare una domanda su di sé, fino ad inserirsi poi con
l’adolescenza nelle grandi questioni sulle quali sarà necessario prendere una
posizione personale: cambiano dunque le domande, ed è necessario cambiare anche
la modalità di risposta. Con l’adolescenza, avere informazioni e conoscere è
necessario per capire, riflettere, formulare un giudizio. Non si tratta di un
apprendimento di informazioni, ma di un percorso: anche in questo caso dunque la
posizione dell’adulto non deve essere tanto quella della “neutralità scientifica”, ma
piuttosto quella dell’interlocutore: qualcuno che si lascia sfidare dalle domande e
che pone a sua volta domande, per favorire nei ragazzi lo sviluppo di un pensiero
personale.
Nel ringraziare la dottoressa Migliarese per la sua puntuale analisi, desidero
aggiungere una nota di approfondimento personale, in quanto docente impegnata
nell’ambito dell’educazione da oltre 25 anni.
Faccio in particolare riferimento al tema specifico dell’aborto volontario, che con
bambini così piccoli rischia di essere affrontato con il serio pericolo di far vivere
un’esperienza traumatica nell’ acquisire l’idea che una mamma possa rifiutare
volontariamente il proprio figlio. Nella dimensione conoscitiva del bambino, la
mamma accoglie il nascituro nella sua pancia perché parte di lei, perché datrice di
vita, di amore, di bellezza, comunicare notizie di questo tipo potrebbe provocare
reazioni negative.
Discutibile anche la comunicazione che nella circolare della scuola, diceva che
sarebbero stati visualizzati video da you tube, su cui sottolineiamo, avrebbe dovuto
applicarsi necessaria e preventiva condivisione con i genitori coinvolti, per evitare
sorprese non gradite.